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Vedere, Pasolini

30 ottobre 2022, engrammasaggi | ronzanieditore

Vedere, Pasolini

a cura di Andrea Cortellessa e Silvia De Laude 

 

A posteriori rievocherà Pasolini la sua «fulgurazione figurativa» – come sulla strada di Damasco – all’Università di Bologna, nella «notte senza più una luce» della guerra fascista. Quella di Roberto Longhi che accende le figure di Masolino e Masaccio, per lui, fu «semplicemente la Rivelazione». Da allora l’immagine sarà sempre la compagna, neppure segreta, delle sue parole: un doppio che preesiste e innesca, o viceversa subentra e adempie, comunque «struttura che vuol essere un’altra struttura». Se sinora gli studi si sono per lo più concentrati sulla «forza del passato» della tradizione pittorica, che tanto ha nutrito il cinema di Pasolini, in questo libro si vuole fare il punto su un repertorio diverso e per lui tanto più problematico, quello dell’espressione artistica a lui contemporanea. Dagli anni Sessanta Pasolini si confronta con una molteplicità di media e generi, dalla «poesia visiva» al reportage fotografico sino al fumetto, reinventando format ancora incerti come il film di montaggio o l’iconotesto (quale avrebbe voluto fosse anche l’opera estrema, Petrolio). Quello che ci guarda da questa specola è un Pasolini diverso da come lo abbiamo visto sino a oggi: sottratto alla macchina mitologica che, dall’indomani della sua morte, s’è impossessata di un’opera molto più ricca e strana di come la si è per lo più banalizzata. Il corpo di luce nel quale lo ha trasformato l’amico Fabio Mauri – in Intellettuale, a Bologna nel maggio del fatale ’75 – ha fatto dello stesso Pasolini un’immagine. Così realizzando quella transustanziazione, quel trasumanar del corpo in opera, dell’opera in corpo, che da sempre era il suo ideale. Davvero una rivelazione.